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The role of Fluid pressure in EArthquake Triggering

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Un passo in avanti verso previsioni dei terremoti più accurate

I ricercatori del progetto FEAT, finanziato dall’UE, hanno sviluppato nuove tecniche per testare le leggi sull’attrito esistenti in specifiche condizioni limite tipiche della sismicità indotta.

Cambiamento climatico e Ambiente icon Cambiamento climatico e Ambiente

L’estrazione di petrolio e gas dal terreno comporta l’utilizzo di enormi quantità di acqua. Poiché quest’acqua diventa altamente inquinata durante il processo di estrazione, viene smaltita iniettandola nuovamente nel terreno a una pressione molto elevata. L’acqua pressurizzata si fa strada attraverso le rocce permeabili e nelle antiche linee di faglia, che possono riattivarsi. Probabilmente, il caso più documentato di questo fenomeno è un recente terremoto di magnitudo cinque avvenuto in Oklahoma, negli Stati Uniti. «Oggi la sismicità indotta dall’aumento della pressione dei fluidi si può osservare in tutto il mondo e in alcuni casi è associata a terremoti di media o grande entità», spiegano Marco Scuderi e Cristiano Collettini, coordinatori del progetto FEAT, finanziato dall’UE. La sovrappressione dei fluidi è stata proposta come uno dei meccanismi principali che favoriscono la propagazione del terremoto lungo le faglie tettoniche. Tuttavia, la teoria della dislocazione elastica, combinata con la legge dell’attrito, suggerisce che la sovrappressione dei fluidi può inibire le instabilità dinamiche che provocano terremoti. «Questo enigma pone una seria sfida alla comprensione della fisica dei terremoti da parte della società, con gravi implicazioni sia per gli eventi sismici naturali che per quelli indotti dall’uomo», afferma Scuderi. Secondo Scuderi, questo enigma sul ruolo della pressione dei fluidi nella sismicità indotta mette in luce una significativa lacuna di conoscenza. Per contribuire a colmare questa lacuna, il progetto FEAT ha sviluppato nuove tecniche sperimentali per testare le leggi sull’attrito esistenti in specifiche condizioni limite tipiche della sismicità indotta. Due importanti risultati Quando si tratta di far comprendere il principio fisico alla base della nucleazione dei terremoti, i ricercatori FEAT hanno raggiunto due importanti risultati. In primo luogo, i ricercatori hanno simulato le condizioni di sismicità indotta smaltendo acque reflue sottoterra ad alta pressione. «In questo modo abbiamo scoperto che quando la pressione dei fluidi raggiunge un valore critico, può indurre una faglia a scivolare sismicamente, anche se tale faglia ha proprietà reologiche che dovrebbero favorire lo scorrimento asismico», spiega Collettini. «Questo suggerisce che, durante le procedure di iniezione, la pressione dei fluidi dovrebbe rimanere al di sotto di una soglia critica per ridurre il rischio di terremoti indotti». In secondo luogo, riproducendo in laboratorio l’intero spettro dei comportamenti di scorrimento della faglia (dallo scorrimento asismico ai terremoti lenti e regolari), i ricercatori hanno scoperto che la caduta di tensione del terremoto è preceduta da un rallentamento precoce della velocità dell’onda sismica. «Ciò ha importanti implicazioni per quanto concerne la comprensione dei processi di indebolimento delle zone di faglia prima di un terremoto e l’applicazione di sistemi di allarme rapido», aggiunge Collettini. «In futuro, i progressi tecnologici ci consentiranno, auspicabilmente, di rilevare tali segnali lungo le faglie naturali e le nostre osservazioni implicano che un terremoto possa essere rilevato proprio prima che si verifichi». Uno sguardo al «Santo Graal» A causa della natura innovativa di questi esperimenti, i ricercatori del progetto hanno dovuto superare sfide tecniche e computazionali. Per esempio, Scuderi spiega che prima che gli esperimenti potessero iniziare, i ricercatori hanno dovuto migliorare un macchinario di deformazione della roccia esistente con sensori aggiuntivi, al fine di massimizzare la quantità di informazioni elaborabili e, persino dopo aver raccolto i dati, hanno dovuto sviluppare nuove tecniche per analizzare le informazioni registrate. Il progetto ha prodotto anche alcune sorprese positive. «Una sorpresa inaspettata è stata questa: dopo aver lavorato per un paio di mesi all’analisi della velocità dell’onda sismica e aver sviluppato un nuovo approccio per analizzarla, siamo stati in grado di trovare un segnale precursore chiaro e coerente del cedimento», afferma Scuderi. «Essere in grado di prevedere i terremoti è il “Santo Graal” di ogni geofisico, e pur essendo ancora molto lontani dal riuscire a fornire previsioni accurate, vedere questa coerenza nei segnali precursori del cedimento in faglie sperimentali ha rappresentato un significativo passo avanti, un risultato molto entusiasmante».

Parole chiave

FEAT, terremoti, geofisica, sismicità indotta

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