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Contenuto archiviato il 2023-03-24

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Un progetto dell’UE sta agitando le acque nell’industria dei laser

Un nuovo tipo di fonte laser compatta è stato dimostrato dal progetto GOSFEL, finanziato dall’UE, che sfrutta il grafene per creare un laser a elettroni liberi a stato solido.

Ci sono molte applicazioni nell’ambito di settori industriali che spaziano dalle comunicazioni (ad es. comunicazione in spazio libero), alla sicurezza (ad es. contromisure antimissile) e al rilevamento (ad es. esplosivi), che trarrebbero beneficio da fonti laser che siano sia compatte che convenienti. Le lacune nello spettro, in particolare gran parte dell’infrarosso lontano e della radiazione Terahertz, risultano promettenti per lo sviluppo di nuovi fonti. Allo stesso tempo, i laser a elettroni liberi (Free Electron Laser, FEL) offrono un’alternativa radicale ai laser convenzionali essendo potenzialmente i generatori più efficienti, potenti e flessibili di radiazione coerente sintonizzabile dall’ultravioletto all’infrarosso. Tuttavia, i FEL sono attualmente grandi e costosi in modo proibitivo. Il progetto GOSFEL (Graphene on Silicon Free Electron Laser) ha sfruttato le speciali qualità scoperte di recente del grafene. Nel fare questo, esso ha raggiunto quello che il coordinatore del progetto, il prof. Geoffrey Nash, ha descritto come un obbiettivo di lunga data di fisici e ingegneri, ossia creare una versione compatta, relativamente poco costosa e allo stato solido di questo laser. Dalla teoria alla progettazione e alla costruzione La priorità del progetto GOSFEL era quella di far progredire la comprensione teorica delle leggi fisiche e dei principi che stanno alla base, prima di procedere con la progettazione e la fabbricazione di un metamateriale ibrido basato sul grafene, che funge da cavità laser e promuove significativamente l’interazione luce-grafene. I FEL solitamente funzionano quando dei fasci di elettroni emettono una radiazione viaggiando nel vuoto e attraversando un campo magnetico ondulatorio. La lunghezza d’onda dell’emissione è stabilita dall’energia del fascio di elettroni e dal periodo del campo magnetico. Anziché usare un campo magnetico, il team di GOSFEL ha inventato una nuova struttura, basata sul patterning del grafene, per accelerare/decelerare gli elettroni e far loro emettere una radiazione compresa tra 0,2 e 10 THz. I dispositivi che contengono questa struttura sono attualmente sottoposti a test e il team è sicuro che essi dimostreranno il principio di funzionamento nel corso dei prossimi mesi. Inoltre, è stata sviluppata in parallelo una nuova cavità di feedback elettromagnetico che verrà alla fine integrata nel dispositivo. Una conseguenza alquanto inattesa del dispositivo ibrido viene così descritta dal prof. Nash: “Il metamateriale ibrido basato sul grafene è stato sviluppato per fungere da cavità per il laser, ma abbiamo scoperto che esso funge anche da piattaforma di uscita per studiare la fisica delle interazioni tra luce e materia.” Numerose applicazioni Il prof. Nash segnala che la dimostrazione di GOSFEL di un FEL basato sul grafene metterebbe a dura prova le opinioni prevalenti riguardanti il funzionamento dei laser (come ad esempio l’operabilità a temperatura ambiente), oltre ad offrire prospettive di progresso su un gran numero di fronti per la ricerca e lo sviluppo. Una nuova industria dei componenti basati sul grafene (che offra possibilmente dispositivi più economici rispetto a quelli attuali basati sui semiconduttori) dovrebbe essere molto interessante per fabbricanti di sensori, analizzatori e strumenti. Quando gli viene chiesto di parlare di possibili applicazioni specifiche, il prof. Nash afferma che “Abbiamo già dimostrato dei modulatori THz che superano l’attuale tecnologia all’avanguardia e che potrebbero essere usati come parte di futuri sistemi di comunicazione, e anche fotorivelatori basati sul grafene potenziati mediante cavità.” Egli prosegue asserendo che “La possibilità di regolare le modalità ibride fornisce una strada verso il rilevamento senza spettrometri, che combinato con il rilevatore integrato, rende ad esempio possibili dei sensori miniaturizzati molto sensibili e a basso costo per applicazioni mediche da utilizzare sul posto.” Egli aggiunge che la tecnologia potrebbe anche introdurre nuovi sensori per un monitoraggio più efficace degli inquinanti atmosferici, come ad esempio il biossido di azoto, portando a migliori misure di mitigazione e controllo. Guardando al futuro, il professore afferma che una volta garantito il giusto finanziamento, il lavoro svilupperà ulteriormente questi dispositivi modulatori e rivelatori che hanno dimostrato la validità del principio e costruirà dei prototipi interessanti per le industrie dei componenti e dei sensori. Per maggiori informazioni, consultare: Sito web del progetto

Paesi

Regno Unito

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