Grandi scoperte fanno luce sulle dinamiche e l’evoluzione dei sistemi planetari multipli
Il progetto GRAND (GRAvitational N-body Dynamics: Dynamics and evolution of multiple planetary systems) ha due obbiettivi fondamentali: comprendere la formazione e l’evoluzione di satelliti planetari, sistemi a lune multiple e planetesimi binari e il loro ruolo nella formazione dei pianeti; e caratterizzare le proprietà e l’evoluzione dei sistemi con pianeti multipli. Anche se proseguirà ancora fino al mese di febbraio del 2017, il progetto ha già fatto molta strada. Alcuni dei suoi risultati più interessanti finora includono la scoperta che oggetti impattanti su pianeti simili alla Terra potrebbero avere una composizione molto simile a quella dei pianeti che colpiscono, una dettagliata analisi dell’ordine dei pianeti nei sistemi planetari multipli, e criteri di stabilità per la sopravvivenza delle lune nei sistemi con pianeti multipli. Il prof. Hagai Perets, coordinatore di GRAND e assistente universitario alla facoltà di fisica del Technion in Israele, delinea i risultati raggiunti finora dal progetto. Perché avete deciso di concentrare la vostra ricerca sui sistemi con pianeti multipli? Tra le migliaia di nuovi esopianeti scoperti nel corso degli ultimi anni, un grande numero sono sistemi con pianeti multipli, ed è molto probabile che molti dei sistemi planetari “singoli” abbiano dei compagni aggiuntivi che non sono stati ancora scoperti. Sostanzialmente, qualsiasi tentativo di comprendere la formazione dei pianeti e la struttura dei sistemi di esopianeti deve occuparsi dei sistemi con pianeti multipli. Alla luce della mia esperienza con le dinamiche stellari e planetarie, questo campo rappresenta una scelta naturale viste le sue importanti ed estese leggi fisiche. Qual è il beneficio specifico dello studio relativo all’evoluzione di questi sistemi? L’interazione tra pianeti e lune nei sistemi planetari gioca diversi ruoli importanti nella formazione e nella loro rispettiva crescita attraverso le collisioni, oltre che nel dare forma alla loro struttura. Queste interazioni avvengono sia nel breve periodo che nel lunghissimo termine e modificano le orbite degli oggetti planetari. Comprendere queste interazioni è di conseguenza fondamentale per spiegare le origini e le caratteristiche degli esopianeti e del nostro sistema solare. Quale tipo di dati ha utilizzato per la sua ricerca? La mia ricerca è principalmente teorica e io utilizzo sia strumenti analitici che di simulazione per modellare l’evoluzione dei sistemi planetari. In termini di dati, io uso sia i dati provenienti dalle simulazioni che anche quelli ottenuti dalle osservazioni, in particolare i dati raccolti dalla missione Kepler per il rilevamento del transito di pianeti, da missioni che esplorano il sistema solare e le sue lune, oltre a dati provenienti da telescopi sul terreno. Lei in particolare ha risolto un vecchio problema riguardante la somiglianza nella composizione della Terra e della Luna. Può spiegarci meglio? Nel corso del secolo precedente si è discusso riguardo all’origine delle lune. Il principale modello nel corso degli ultimi 40 anni ha stabilito che la Luna si era formata in seguito a un gigantesco impatto di un oggetto simile a Marte con la proto-Terra. Questi modelli si erano dimostrati validi nello spiegare la maggior parte delle proprietà della Luna e del sistema Terra-Luna. Tuttavia, una delle principali sfide non poteva essere superata, ovvero il problema della composizione. Si è scoperto che la composizione isotopica della Terra e quella della Luna sono molto simili. Tuttavia, le simulazioni di impatti giganteschi hanno mostrato che la maggior parte del materiale che alla fine andrebbe a formare la Luna dovrebbe provenire dall’oggetto impattante e non dalla Terra stessa, poiché così avviene per gli altri oggetti planetari nel sistema solare come ad esempio Marte e l’asteroide Vesta. Questo problema era diventato persino più grave man mano che migliorate misurazioni della composizione avevano mostrato quanto sono simili la Terra e la Luna. Nella mia ricerca ho riesaminato alcune delle supposizioni di base in questo ragionamento, e in particolare ho posto la questione se la composizione degli oggetti impattanti sia tanto differente quanto lo è quella di altri pianeti non impattanti in un sistema solare. Noi abbiamo usato i dati provenienti da dozzine di dettagliate simulazioni di formazioni simili al sistema solare e abbiamo studiato le composizioni dei pianeti e quelle di oggetti impattanti simili alla Terra. Abbiamo scoperto che anche se differenti pianeti avevano differenti composizioni, la composizione degli oggetti impattanti (appena prima dell’impatto) era molto più simile a quella del pianeta che colpiscono. Inoltre, in una frazione non trascurabile dei casi, abbiamo scoperto che vi erano altrettante similarità nella composizione tra l’oggetto simile alla Luna che si doveva formare e il pianeta che aveva colpito quante ce ne sono tra la Terra e la Luna. In altre parole, noi abbiamo mostrato che il problema della composizione, vecchio di 40 anni, potrebbe non essere affatto un problema, e che l’ipotesi dell’impatto gigantesco è in grado di superarlo. Come sperate che il vostro studio sull’ordine dei pianeti nei sistemi esoplanetari contribuisca alle future previsioni teoriche? Uno dei progetti sui quali sto lavorando esplora l’ordine dei pianeti nei sistemi esoplanetari, se infatti abbiamo ad esempio tre pianeti di dimensioni differenti, noi potremmo avere sei permutazioni del modo in cui ordinarli. L’ordine dei pianeti è il risultato di una complicata evoluzione, proprio come le altre proprietà dei pianeti come l’ellitticità (eccentricità) delle loro orbite o la distribuzione delle loro dimensioni. Le ultime due fungono da importanti proprietà dove la distribuzione può essere usata per limitare i processi di formazione dei pianeti. Pertanto, vengono ampiamente studiate. Nella mia ricerca io tento di far progredire la nozione che l’ordine dei pianeti è un’altra proprietà che è stata finora quasi sempre ignorata, ma che può trasmettere una quantità pari, se non superiore, di informazioni rispetto alle altre proprietà profondamente studiate. I nostri risultati preliminari mostrano che le proprietà dell’ordine dei pianeti non sono irrilevanti e non sono coerenti con molte delle attuali previsioni, e che quindi esse forniscono nuovi limiti dell’osservazione alle teorie per la formazione degli esopianeti. Oltre a questo, quali sono secondo lei le cose più importanti che ha imparato finora nel suo lavoro di ricerca? Tra le altre cose, io ho ideato un metodo completamente nuovo per analizzare i dati ottenuto dalla missione Kepler allo scopo di determinare la distribuzione dell’inclinazione tra le orbite degli esopianeti e la loro stella ospite, una proprietà importante per comprendere la loro evoluzione. Questo nuovo metodo ha fornito per la prima volta delle proprietà statistiche su larga scala della distribuzione dell’inclinazione e della sua relazione con le dimensioni, distanze e molteplicità dei pianeti, qualcosa che non era possibile ottenere con nessun altro metodo esistente. Il progetto si concluderà a febbraio del 2017. Quale si augura sia l’impatto complessivo una volta raggiunti tutti gli obbiettivi che vi siete posti? Io spero che il progetto getti nuova luce e apra la strada allo studio sull’ordine dei sistemi con pianeti multipli, e perciò colleghi e metta in correlazione le proprietà di differenti pianeti nello stesso sistema, una questione che è stata finora raramente presa in condiderazione. Io spero inoltre di cambiare le nostre visioni dei sistemi di satelliti e della loro formazione e delle loro dinamiche, per quanto riguarda sia il sistema Terra-Luna (che io esamino ulteriormente) che le altre lune del sistema solare. GRAND Finanziato nell’ambito di FP7-PEOPLE Pagina del progetto su CORDIS
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Israele